Numero #4

Editoriale

Di Francesca Toso

Quando nel 1951 venne fondata la CECA (Comunità Economica Carbone e Acciaio), il riciclo era un concetto non ancora esistente e lontano da ogni immaginazione. L’evoluzione delle politiche di sostenibilità a livello di metodologie produttive, di risultati industriali e di attenzione all’ambiente, hanno portato ad una lunga serie di cambiamenti sociali: l’Unione Europea è diventata un riferimento esemplare per la capacità di scambio di merci e di persone, la condivisione di idee e di spazi permessa con la Convenzione di Schengen a partire dal 1990.

Oggi la condivisione dei valori che hanno contribuito a costruire un così lungo periodo di pace e collaborazione si trova in un momento di crisi, come dimostrato dalla Brexit e dal dilagare di sentimenti populisti all’interno degli stati membri, conseguenze più o meno dirette dello stato di panico derivante dallo scarso impegno nella gestione e nell’accoglienza dei flussi migratori quanto dell’incapacità di rialzarsi delle industrie dopo la crisi economica del 2008.

Ogni momento di crisi presenta tuttavia grandi opportunità, già nel 2011 Rifkin individuava l’avvento della Terza Rivoluzione Industriale in relazione ad un’economia e una produzione sempre più orientate al digitale, evidenziando come la sostenibilità ambientale dovesse avere un posto rilevante nella determinazione delle politiche industriali per permettere di salvaguardare l’ecosistema e non solamente un sistema di consumismo globalizzato.

Riflettendo sul rapporto tra economia e società, ci siamo chieste in che modo le discipline progettuali si pongono rispetto alla produzione di beni per un pubblico sempre più globale, le cui esigenze variano sulla base della posizione geografica, della cultura di appartenenza e dell’immaginario al quale fanno riferimento, ma soprattutto se attraverso l’architettura, l’ingegneria e il design sia possibile innescare un cambiamento nella mentalità produttiva, orientandola verso un pensiero circolare nel quale ogni azione e ogni conseguenza sono considerate parte di un processo in continuo divenire.

Abbiamo chiesto agli autori raccolti in questo numero di presentarci il loro approcci alla progettazione attraverso esempi di casi studio e metodologie condivise a livello internazionale, con l’intento di offrire ai lettori una panoramica attraverso la quale avvicinarsi alla progettazione sistemica come concetto chiave per la comprensione dell’economia circolare.

La prima riflessione sull’economia circolare è di Franconi, che si interroga sulle differenze tra i concetti di Riciclo e Sovraciclo, distinguendo e provando a definire le due pratiche e i rispettivi ruoli attraverso una revisione della letteratura accademica.

Il contributo di Pigosso, Rodrigues e McAloone, in lingua inglese, accompagna il lettore nel mondo dell’Economia Circolare attraverso l’analisi di dodici pratiche gestionali usate come guida alle industrie nella transizione alla mentalità sistemica necessaria per avvicinarsi ai nuovi modelli economici.

Il contributo di Cristiano e Gonella presenta l’analisi emergetica di uno specifico caso studio, ovvero la valutazione del progetto edilizio della struttura socio-sanitaria dell’associazione umanitaria Emergency a Khartoum, in Sudan, secondo principi di analisi del valore dell’investimento non solo in termini quantitativi o qualitativi bensì di energia coinvolta direttamente o indirettamente per la creazione di prodotti, sistemi, servizi.

Nel ringraziare gli autori per l’entusiasmo e la professionalità con le quale hanno contributo alla creazione di questo numero di Progetto Re-Cycle, ci auguriamo che sia per i lettori un’esperienza costruttiva e fonte di curiosità per approfondimenti futuri.

Riciclo o sovraciclo? Design per un’Economia Circolare

Di Alessio Franconi
L’Economia Circolare è un concetto che sta riscuotendo sempre più attenzione da parte di industrie, mondo accademico e decisori politici di tutto il mondo. A prescindere da questo, molti termini sono ancora oggi confusi e si antepongono, come riciclo e sovraciclo. Le relazioni e le differenze di questi due concetti non sono state chiarite ancora in letteratura e neppure la loro relazione con l’Economia Circolare. Questa ricerca fornisce una prima analisi, attraverso una revisione bibliografica dei due concetti. Il risultato finale indica che un approccio sistemico alla progettazione, che preveda a monte l’analisi dei cicli di vita favorisce un’economia circolare. Riciclo e sovraciclo sono pratiche che non si sovrappongono e entrambe sono essenziali per una piena economia circolare.

1. Introduzione

Nel 1972 viene pubblicato il report The limits to growth (Meadows, D.H., et al., 1972) che definí per la prima volta, attraverso modelli di simulazione gli effetti dei sistemi di produzione e consumo dell’uomo sulla terra (Ceschin F., 2014). Il report scatenò la scintilla per un cambiamento di paradigma verso un pensiero sostenibile, influenzando oggi il pensiero moderno (Ashby M. F., 2016).

Cambiamenti climatici, desertificazione, perdita della biodiversità, crescita della popolazione globale (11.2 miliardi nel 2100 secondo United Nations, 2015, Figura 1), aumento della classe media mondiale, (circa 3 miliardi entro la fine del 2030 secondo United Nations, 2015), della richiesta di materiali (Heiskanen, K., 2014, Figura 2) di energia (il 21% dell’energia mondiale utilizzata oggi serve per la produzione di materiali, Ashby M. F., 2016), volatilità dei prezzi dei materiali e dipendenza dalle materie prime, energia e cibo, ( McKinsey & Company 2013, Figura 3) sono solo alcune delle previsioni fatte da Meadows et al., nel 1972 che si stanno via via verificando.

Figura 1: Nazioni Unite. Dipartimento di Economia e Affari Sociali. Divisione Popolazione (2015). World Population Prospects: The 2015 Revision.
Figura 1: Nazioni Unite. Dipartimento di Economia e Affari Sociali. Divisione Popolazione (2015). World Population Prospects: The 2015 Revision.
Figura 2: Uso di nove materie prime negli Stati Uniti 1900-2010. Fonte dati: USGS National Minerals Information Center (2013).
Figura 2: Uso di nove materie prime negli Stati Uniti 1900-2010. Fonte dati: USGS National Minerals Information Center (2013).
Figura 3: McKinsey & Co., 2013. McKinsey, indice dei prezzi delle materie prime
Figura 3: McKinsey & Co., 2013. McKinsey, indice dei prezzi delle materie prime

In questo scenario è necessario porsi domande radicali sui fondamenti del nostro modo di produrre, consumare e vivere per “soddisfare i bisogni del presente senza compromettere la capacità delle generazioni future di soddisfare i propri bisogni” (Meadows, D.H., et al., 1972). L’Economia Circolare si è imposta recentemente come promessa economica, ambientale e sociale: un concetto innovativo, rivitalizzante e rigenerante che basa i suoi principi sulla progettazione per disaccoppiare la crescita da vincoli di risorse (Ellen MacArthur Foundation (EMF), 2010). In questa nuova visione economica un ruolo cruciale è attribuito al design per prevenire, attraverso una progettazione attenta e mirata, lo spreco di risorse (McDonough, W., et al., 2002, Elle MacArthur Foundations, 2010, Badalucco L., 2013) e progettare per nuovi manufatti, che prevedano il concetto di prodotto di servizio (Manzini, E., et al., 2007, Stahel, W., 2010). 
L’Economia Circolare raggruppa nozioni come: Ecologia Industriale (Robert Frosch e Nicholas Gallopulos, 1989), Capitalismo Naturale (Hawken P., Lovins A. and Lovins H., 1990), Simbiosi Industriale (Frosh R.A., 1992), Bioeconomia ( Juan E. e Rodrigo M., 1997), Cradle to Cradle (McDonough, W. and Braungart M., 2002), Design Sistemico (William Wurster, Christopher Alexander, Bruce Archer, John Chris Jones e Horst Rittel, 1963) e Blue Economy (Pauli G., 2010). Sebbene queste teorie siano state largamente discusse dalla comunità scientifica, molti termini e relazioni non sono state approfondite esaustivamente (Kyungeun, S., 2015). Nello specifico i concetti di riciclo e sovraciclo sono spesso anteposti l’uno all’altro.

2. Contesto

In questa ricerca per riciclo si intende l’insieme di operazioni per il recupero di materiali di scarto dissimili che ha come risultato ultimo un materiale ibrido. Mentre per sovraciclo si intende l’insieme di operazioni per il recupero di materiali di scarto simili che ha come risultato ultimo un materiale uguale a quello iniziale.

La ricerca fornisce una piccola introduzione storica e un confronto tra i due termini per poi approfondire la relazione tra sovraciclo ed Economia Circolare.

2.1 Riciclo

Per riciclo si intende il recupero dei materiali a fine vita del prodotto, reinserendoli nella filiera produttiva (Heiskanen, K., 2014) con lo scopo di utilizzarli per nuovi prodotti industriali. 
Il riciclo è un’attività praticata da secoli, specialmente in quei periodi, ad esempio lunghe battaglie o malattie, in cui le materie prime sono difficile da reperire (Peck D., 2016).

Mentre nelle nazioni in via di sviluppo, tutt’oggi è abitudine comune il riuso di materiali, soprattutto di confezioni, nelle società più sviluppate, sono state create infrastrutture capaci di gestire enormi flussi di materiali che permettono una crescita insostenibile. I materiali gettati vengono raccolti nelle discariche, regolate solitamente da enti che per conto dei comuni si occupano dei materiali da riciclare, rivendendoli in seguito a organizzazioni che li processano per trasformarli in materiali riciclati e rivenderli ai produttori. 
Generalmente la qualità dei materiali riciclati è alterata a causa di diversi fattori, come il grado di pulizia dei materiali riciclati (Heiskanen, K., 2014), impurità e combinazione di materiali della stessa tipologia ma con caratteristiche tecniche dissimili (McDonough, W., et al. 2003).

Quasi sempre la perdita di valore è causata da un’inefficienza del processo di recupero (Chen, P.-C., 2015) e da una progettazione non idonea.
I termini riciclo e riuso vengono spesso confusi. Per riuso si intende l’impiego di prodotti o loro componenti non processati industrialmente, solitamente utilizzati in modo domestico o artistico. Nel diagramma Figura 4, è chiaro come per l’economia circolare il riuso sia uno dei cicli più virtuosi per risparmiare energia, materiale, lavoro, emissioni, acqua o sostanze tossiche. D’altra parte parlare di riciclo è essenziale, soprattutto a livello industriale, laddove il riuso non sia un’opzione possibile, come ad esempio materiali usa e getta, ingombranti elettrodomestici o materiali pericolosi per la salute dell’uomo. 
Il riciclo è una materia complessa perché può trattare materiali semplici come la carta fino ai più complessi ricicli di apparecchiature meccaniche ed elettroniche. Per esempio, un’autovettura può essere composta da un centinaio di materiali assemblati insieme. Questo genere di prodotti sono più complessi da gestire se comparati ad una semplice bottiglia di plastica, solitamente realizzata utilizzando 96% di plastica e 4% di carta per l’etichetta (Yam, 2009). 
Storicamente il riciclo è stato considerato un problema relativo alla gestione dei rifiuti dei prodotti, mentre oggi è sempre più connesso alla progettazione. Il design per il riciclo è un modello progettuale che favorisce la facilitazione delle operazioni di fine vita dei prodotti (Badalucco L., 2013) per contenere la sempre maggior domanda di materiali. Alcuni strumenti che il designer utilizza per farsi carico di tale impegno sono Life Cycle Assessment e Material Flow Analysis e più recentemente, Material Circular Indicator. Quest’ultimo sviluppato dalla Ellen MacArthur Fondations, mira a massimizzare il “prolungamento della circolazione” o il tempo di ogni ciclo dei materiali per un’economia circolare (EMF, 2012).

2.2 Sovraciclaggio

Il concetto di sovraciclaggio ha acquisito popolarità dopo la pubblicazione del libro Dalla culla alla culla: come conciliare tutela dell’ambiente, equità sociale e sviluppo di McDonough, W., Braungart, M., pubblicato nel 2002. Nel libro in questione ci si riferisce al termine sovraciclaggio come al processo tale per cui i materiali vengono mantenuti all’interno di un ciclo tecnico chiuso per conservare le caratteristiche e la qualità nel tempo (McDonough, W., et al. 2003). Il termine sovraciclo è un neologismo, traduzione della parola inglese upcycle, utilizzato per la prima volta da Reiner Pilz (Kyungeun, S., 2015), che in un’intervista sul giornale Salvo Monthly del 1994 afferma: “Recycling, I call it down-cycling. They smash bricks, they smash everything. What we need is upcycling, where old products are given more value, not less”.

La Ellen MacArthur Foundation chiama il sovraciclo: ciclo puro e lo descrive come “quel potere di mantenere i flussi dei materiali incontaminati, aumentando l’efficienza di raccolta e ridistribuzione pur mantenendo la qualità, in particolare dei materiali tecnici, che, a sua volta estende la longevità dei prodotti e aumenta la produttività dei materiale” (Ellen MacArthur Foundation, 2012).
Per sovraciclo si fa riferimento in questa ricerca al termine esposto da McDonough, W., Braungart, M., introdotto nel 2002 in Dalla Culla alla Culla, e cioè: “i nutrienti biologici sono utili per la biosfera, mentre le sostanze nutrienti tecniche sono utili per ciò che noi chiamiamo la tecnosfera, i sistemi di processi industriali. […] I prodotti possono essere costituiti sia di materiali che biodegradano e diventano cibo per cicli biologici, o di materiali tecnici che rimangono nel ciclo tecnico a circuito chiuso, in cui continuamente circolano nutrienti preziosi per l’industria. […] un nutriente tecnico è un materiale o un prodotto che è stato progettato per andare indietro nel ciclo tecnico, nel metabolismo industriale da cui proviene. […] Alcuni di loro sono tossici, ma altri sono nutrienti preziosi per l’industria che vengono sprecati […] in discarica. Isolandoli dai nutrienti biologici si permette loro di essere sovraciclati anziché riciclati – mantenere la loro alta qualità in un ciclo industriale a circuito chiuso”, (McDonough, W., et al., 2003).

Il sovraciclo aggregato a modelli di servizio funzionali, dove i produttori o rivenditori conservano sempre la proprietà dei loro prodotti e, ove possibile, agiscono come fornitori di servizi vendendo l’uso di prodotti non il loro consumo (Manzini E., Vezzoli C,. 1998) rappresenta una soluzione chiave per l’Economia Circolare. Walter R. Stahel nel suo libro The Performance Economy afferma inoltre che in futuro, grazie agli smart materials, sarà facile recuperare i materiali, permettendo alle aziende un agevole cambiamento di business verso prodotti di servizio, mantenendo in questo modo il profitto funzionale per tutta la vita utile dei materiali (Stahel, W., 2010).

Figura 4: Ellen MacArthur Foundation circular economy team, 2012
Figura 4: Ellen MacArthur Foundation circular economy team, 2012

3. Metodo

I concetti di riciclo e sovraciclo sono molto simili e rappresentano il tentativo di recuperare materiali e rendere più efficace il sistema. Il riciclo a differenza del sovraciclo è un concetto molto più radicato e sviluppato, entrambi però hanno la potenzialità di creare vantaggi economici competitivi. Inoltre, ambedue condividono le prerogative di sostenibilità e di eticità che si addicono a una società progredita. 
Le due nozioni, anche se simili hanno un approccio e uno sviluppo diverso sotto eterogenei aspetti. Il sovraciclo, rimane ancora un settore particolarmente vago, e primitivo (Kyungeun, S., 2015), altresì potenzialmente più remunerativo e sostenibile del riciclo (McDonough, W., et al. 2003). Se entrambi gli aspetti stanno diventando un argomento di rilevanza scientifica sempre più discussa (Kyungeun, S., 2015), la relazione tra i due termini non è stata studiata sufficientemente e una ricerca più approfondita è necessaria. Per queste ragioni, lo studio intende analizzare i termini con maggiore attenzione, cercando di rispondere alle seguenti domande:

– Quali sono le principali similitudini e differenze tra riciclo e sovraciclo?
– Che relazione ha il sovraciclo con l’economia circolare

La metodologia utilizzata per definire le principali similitudini e differenze è quella della ricerca bibliografica. Questo metodo analizza fonti, dati, misura testi e keywords per definire contesti in un determinato argomento. I dati sono stati raccolti in aprile 2017 attraverso il motore di ricerca Web Of Science, gli esiti sono stati analizzati attraverso Nails, software open source. La parole ricercate sono: “Upcycling”, “Recycling” e “Recycling and Upcycling”, come mostrato nella Tabella 1. I termini sono stati ricercati in inglese per una proiezione più ampia possibile.

Tabella 1
: Risultato degli articoli ricercati.
Tabella 1
: Risultato degli articoli ricercati.

La Figura 5 rappresenta il numero delle pubblicazioni con riferimento al sovraciclo, rilevando un interesse crescente riguardo queste tematiche negli ultimi anni, probabilmente dovute alla divulgazione del pacchetto sull’economia circolare presentato dalla Commissione Europea a dicembre 2015. Questo dato evidenzia un interesse iniziale del mondo scientifico sul concetto, suggerendo la possibilità di incrementazione di queste tematiche, e che il concetto è lontano dalla saturazione scientifica.
In Figura 6 sono indicate le parole chiave più utilizzate nella letteratura in relazione al sovraciclo. Molte parole chiave si riferiscono a materiali o settori industriali. Un forte interesse proviene dalla moda, in risposta all’identificazione da parte dell’agenzia governativa WRAP (Waste & Resources Action Programme) del Regno Unito della necessità del sovraciclo dei tessuti (Han, S.L.C., et al., 2017). Altre aree sono relative all’architettura, design, chimica, industria alimentare e business.

Figura 5: Numero di articoli per anno con soggetto sovraciclo (upcycling in inglese)
Figura 5: Numero di articoli per anno con soggetto sovraciclo (upcycling in inglese)
Figura 6:  Numero delle keywords più utilizzate in articoli che hanno come soggetto il sovraciclo (upcycling in inglese).
Figura 6: Numero delle keywords più utilizzate in articoli che hanno come soggetto il sovraciclo (upcycling in inglese).

4. Risultati

Le sezioni seguenti intendono esplorare le similitudini e le differenze tra riciclo e sovraciclo e in seguito la relazione che c’è tra Sovraciclo e Economia Circolare, rispondendo alle domande poste precedentemente.

4.1 Similitudini e differenze

Il riciclo e il sovraciclo mirano a recuperare materiali che altrimente andrebbero persi, causando degrado sociale e ambientale. La Tabella 1 mostra le principali similitudini e l’importanza di una strada comune per uno sviluppo combinato di entrambi. Riciclo e sovraciclo sono concetti multisettoriali, e una progettazione di tutta la filiera e la previsione delle varie trasformazioni che il materiale subisce, deve essere considerando sin dall’inizio (McDonough, W., et al., 2003. Stahel, W., 2010, Badalucco L., 2013, Ellen MacArthur Fondations, 2013, Ashby, M., F., 2016). Per massimizzare tale recupero questa trasformazione deve abbracciare una progettazione sistemica, consentendo un facile aggiornamento, smontaggio e riassemblaggio.
In tabella 3 sono evidenziate molteplici differenze tra il concetto di riciclo e sovraciclo.

La sostanziale differenza tra i due concetti sta nella qualità dell’output. Infatti il sovraciclo, a differenza del riciclo, mira a conservare la qualità iniziale processando materiali di scarto simili che generano un materiale con le stesse caratteristiche tecniche possedute in origine. 
Non essendo il sovraciclo, a differenza del riciclo una pratica largamente attuata dalle industrie, i progettisti hanno poca esperienza pratica. Definire una strategia per prodotti che possano essere sovraciclati richiede nozioni che riguardano un intero cambiamento economico e che vanno oltre la semplice scelta di una forma o di un materiale. Gli smart materials rappresentano una possibilità concreta per riconoscere i materiali attraverso sensori incorporati e per ridurre la dispersione, consentendo ai fornitori di servizi di pianificare meglio la raccolta e la selezione, evitando gli sprechi (Ellen MacArthur Foundation, 2016). 
Altri aspetti come quello economico e ecologico sono di essenziale valore per comprendere meglio le differenze. I vantaggi economici per il riciclo, così come per il sovraciclo, dipendono principalmente dalla comparazione del costo economico e ambientale del processo di estrazione, lavorazione e trasporto del materiale vergine (Heiskanen, K., 2014). Il sovraciclo però, non riducendo la qualità nel tempo, può essere considerato più vantaggioso rispetto al riciclo o ai materiali primi.

Tabella 2:  Similitudine tra riciclo e sovraciclo
Tabella 2: Similitudine tra riciclo e sovraciclo
Tabella 3.  Differenze tra riciclo e sovraciclo
Tabella 3: Differenze tra riciclo e sovraciclo

5. Relazioni tra economia circolare e sovraciclaggio

Alcuni autori come la Ellen MacArthur Foundation, (2013) e McDonough, W., Braungart, M., (2003), sostengono fermamente che il sovraciclo sia uno degli aspetti essenziali per una vera economia circolare. Mentre Chen, P.-C., Chiu, M.-C., Ma. H., (2015), affermano che sia solo un’ideologia e che oggi non sia possibile attuare il sovraciclo dei materiali a causa delle trasformazioni e diminuzioni di qualità imposte dalle lavorazioni. 
Come già dimostrato in Tabella 3, oggi è difficile attuare un processo che miri al sovraciclo di tutti i materiali. Senza dubbio però, politiche per il recupero dei materiali attraverso modelli di servizio funzionali potrebbero facilitare questo concetto. Inoltre, strategie tali faciliterebbe gli utenti, non essendo più incaricati di occuparsi di materiali che non sono in grado di gestire e d’altra parte, le aziende potrebbero recuperare materiali utili da reimpiegare mantenendo il possesso dei materiali (McDonough, W., et al., 2003., Manzini, E et al., 2007). Le aziende in questo modo riuscirebbero a disaccoppiare la crescita da vincoli di risorse (EMF, 2010).

6. Conclusioni

Questo studio contribuisce a una prima analisi per i concetti di riciclo e sovraciclo. Un’ulteriore ricerca per una più ampia comprensione di questi due concetti e della loro applicazione è necessaria. I risultati indicano che per la realizzazione di un’economia circolare, entrambi i concetti sono validi. La conoscenza di queste tematiche da parte di progettisti e di gruppi decisionali potrebbe influenzare positivamente il sistema operativo di aziende, territori e contesti sociali. La figura 4 illustra che una progettazione virtuosa si basa su riuso, ridistribuzione e rigenerazione dei prodotti ma per avvicinarsi alla riduzione assoluta degli scarti, è necessaria anche una progettazione che consideri alcune variabili, come ad esempio l’uso di materiali non idonei alla salute degli utenti per i consecutivi cicli di utilizzo (Chen, P.-C., 2015). Tools progettuali come Life Cycle Assessment, Material Flow Analysis e Material Circular Indicator possono favorire una progettazione sistematica. Indicatori o indici che considerino anche altri fattori come ad esempio il riuso creativo dell’utente del prodotto, o il riutilizzo di materiali di scarto da parte di comunità di recupero per una reintegrazione sociale oltre che economica dovrebbe essere considerata e approfondita.

Bibliografia

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Embracing Circular Economy: a Journey seen through the Perspective of Sustainability Maturity

Di Daniela C. A. Pigosso, Vinícius P. Rodrigues e Tim C. McAloone
Circular Economy has been progressively acknowledged as a promising and consistent approach to maximizing value by increasing resource productivity, while minimizing resource consumption and related waste. Manufacturing companies operating on a linear fashion are faced with a wealth of potential business benefits derived from a circular economy. However, this transition requires a systemic change mindset, encompassing a wide array of organizational processes and functions: from strategy and business models to take-back and end-of-life management. With a view to supporting the transition of manufacturing companies towards Circular Economy, this article presents a maturity-based approach that supports manufacturing companies to develop and implement strategic roadmaps and action plans for the transition. An analysis of twelve key management practices to manage the transition towards Circular Economy is presented and briefly discussed. Industrial applications of the proposed maturity approach indicate that the maturity approach can effectively strengthen companies’ abilities to embrace the beneficial prospects of the Circular Economy.

1. What is Circular Economy?

Several corporate and governmental organizations are currently perceiving Circular Economy as a means to unlocking value through increased resource productivity and minimized consumption and waste generation. The potential business benefits of Circular Economy implementation in the European continent alone were recently estimated to be at around €1.8 trillion annually, leading to a number of long-term outcomes, ranging from increased industrial and regional competitiveness to economic growth and job creation (Ellen MacArthur Foundation, 2015b).

Circular Economy is defined by the Ellen MacArthur Foundation as “an economy that provides multiple value creation mechanisms, which are decoupled from the consumption of finite resources” (Ellen MacArthur Foundation, 2015b). Clearly in contrast to the traditional linear concept and mindset of ‘take-make-consume-dispose’, the Circular Economy approach pursues the safeguard of the planetary boundaries (Steffen & Stafford Smith, 2013). This is mainly achieved through an increased share of renewable and/or recyclable resources, coupled with a drastic reduction in the consumption of raw materials and energy (EEA, 2016).

2. How to make the transition to a Circular Economy?

The transition towards a Circular Economy entails fundamental changes across the entire collection of processes within the value chain, going from innovation, product design and production to end-of-life strategies, new business development and consumption (EEA, 2016; Nakajima, 2000).

In the pursuit of the potential business benefits derived from the Circular Economy, manufacturing companies are actively engaging in the transition from linearity to circularity (Nordic Council of Ministers, 2015; Tukker, 2015). Several examples of reuse, remanufacturing and recycling initiatives are currently being tried out and streamlined, emphasizing the implementation benefits, charting the main challenges, and disclosing the barriers to be overpowered.
Within such context, several action areas are gathered on a common Circular Economy framework named “ReSOLVE” (Ellen MacArthur Foundation, 2015a), which also includes recycling perspectives. The framework’s acronym stands for Regenerate, Share, Optimize, Loop, Virtualize and Exchange. In particular, within the “loop” action area, several efforts are proposed – from remanufacturing of products and components to recycling of materials and extraction of biochemical compounds from organic waste (Ellen MacArthur Foundation, 2015a).

With a view to supporting manufacturing companies’ successful and systematic transition towards Circular Economy, this article presents a maturity-based approach. This approach supports the consistent development and implementation of actionable strategic roadmaps. These roadmaps are developed on top of a gap analysis between a company’s current maturity profile (i.e. “snapshot” of the company’s current situation) and the defined ambition levels towards circular economy (i.e. vision for the company’s future situation), providing a step-by-step guide for companies to manage and measure the transition.

The results offer an indication of how the maturity-based approach can support a structured and successful Circular Economy transition, which can effectively support companies to mature their abilities to embrace the Circular Economy.

3. Identifying the key practices for Circular Economy

In order to support the identification of the key practices for a transition to a circular economy, the following three steps were carried out:

Step 1: Comprehensive analysis of the main components of Circular Economy

Analysis of the Circular Economy main characteristics and success factors, including business model innovation and service strategies; development of “circular” products, services and solutions; operations and maintenance with optimized lifetime; and strategies for closing the material loop, with a focus on the “four R’s”: remanufacturing, refurbishment, reuse and recycling.

Step 2: Analysis of success stories and steps taken by manufacturing companies

Analysis of success cases and reports issued by large manufacturing companies and small and medium enterprises (SMEs). These documents were particularly focused on describing the fundamental steps taken in the transition from a Linear to Circular Economy mindset. The documents had a European focus, but were not limited to this geography. The gist of this step’s analysis was the identification of crucial elements which enable companies’ prosperous transition to circularity.

Step 3: Cross-content analysis between the Circular Economy key elements and the EcoM2 sustainability management practices

Composed of a cross-content analysis between the characteristics, success aspects and key elements of the Circular Economy identified in Steps 2 and 3 with the 77 management practices of the maturity model for Sustainable Innovation (EcoM2). The maturity model uses a triple-bottom line (Elkington, 1997) mindset, covering environmental considerations, social innovation aspects and new business opportunities (economic/financial facets).

4. Key practices for the transition towards Circular Economy

The performance of three steps previously described led to the identification of twelve key sustainability management practices to support the transition to Circular Economy. The twelve sustainability management practices are:

1. Engage relevant people from functions across the company to support Sustainable Innovation: key internal stakeholders in the company are to be engaged towards enabling and supporting Sustainable Innovation, representing different functions across the board (e.g. marketing, manufacturing, supply chain etc.);

2. Ensure commitment, support and resources to conduct the activities related to Sustainable Innovation: a transition to a Circular Economy entails significant changes in the business processes (e.g. business model, product innovation, supply chain management, etc.) – therefore, commitment, support and resources from top management are success factors;

3. Develop skills and expertise for integrating a service value stream: employees across the total service value stream (end-to-end) should be properly trained with relevant skills to performing activities related to Sustainable Innovation;

4. Ensure alignment among strategic and operational dimensions concerning Sustainable Innovation: companies should make sure that the strategic drivers are accurately deployed into actionable operational activities in order to carry out improvements and change;

5. Create economic value in a way that also creates value for society by addressing its needs and challenges: several social needs and challenges may present companies with unprecedented opportunities for capturing value through new offerings;

6. Enhance active stakeholder engagement, acceptance, cooperation and collaboration to aid co-creation for social innovation: joint programs, partnerships and co-creation efforts should be devised in order to aid a thorough and consistent implementation of social innovation across the value chain;

7. Search for value proposition opportunities throughout the entire product life cycle: companies should systematically search for value creation mechanisms from a lifecycle perspective – spanning from raw materials and manufacturing, to use and end-of-life;

8. Define the end-of-life and reverse logistics strategies since the early stages of business and product development: strategies for end-of-life management and reverse logistics should be built, ranging from take-back policies and engagement models to logistic operationalization;

9. Scale-up innovation initiatives to embrace a system-change – view problems and their solutions through a systems perspective: a systems perspective should be constantly and systematically sought in order to derive innovative solutions to complex and densely interconnected social problems;

10. Measure and communicate the business benefits of Sustainable Innovation: companies should develop structured mechanisms to capture and measure the business benefits gained from Sustainable Innovation in order to ensure continued commitment, resources and buy-in;

11. Monitor the product sustainability performance during use/operation and end-of-life: the product’s sustainability performance – covering the triple bottom-line aspects – should be constantly monitored in order to provide companies with rich data regarding use and end-of-life. This mechanism can serve internal purposes (feedback into the innovation processes) or external ones (communicate performance and recommendation to customers);

12. Strategically consider Sustainable Innovation in company portfolio management: innovative companies should move away from incremental, stand-alone projects to a consistent implementation of Sustainable Innovation considerations across the entire company’s portfolio of products and services.

5. How to implement the key practices and understand the gap?

The maturity approach is based on the latest advancements of the Ecodesign Maturity Model (EcoM2) (Pigosso, Rozenfeld, & McAloone, 2013), which has been developed over the past decade. The EcoM2 has also been also successfully applied by manufacturing companies to support their systematic implementation of ecodesign and related strategies (Pigosso, Grandi, & Rozenfeld, 2013; Pigosso, Pattis, McAloone & Rozenfeld, 2014). More recently, the maturity model has been expanded to incorporate social innovation (Pigosso & McAloone, 2015) and product/service-system practices (Pigosso & McAloone, 2016), covering businesses processes at the strategic, tactical and operational levels across the company’s value chain.

The approach is applied in continuous improvement cycles, which are organized in two phases, each one containing three steps, as displayed in Figure 1. The fundamental unit of analysis are the organization’s business processes (e.g. business development, innovation, product development and related processes). The first step is a diagnosis of the current maturity profile, which enables the identification of strengths and gaps for sustainability maturity. Second step involves the definition of the vision, based on drivers and goals for Sustainable Innovation, which could be Circular Economy implementation, for instance. In the third step, the gap between the vision and the current maturity profile drives the development of a strategic roadmap, which supports the definition of improvement projects. Subsequently, the planning for the implementation of each project is performed (step 4), which supports the actual implementation and change management (step 5). Finally, step six deals with the measurements of progress and evolution.

Figure 1: Overview of the maturity-based approach to sustainability implementation
Figure 1: Overview of the maturity-based approach to sustainability implementation

Guided by the company’s fundamental drivers, the approach enables adequate, aligned measurement and continuous enhancement of the company’s sustainability maturity profile, at the business unit or organization levels. This approach connects the intentions and activities on the strategic, tactical and operational levels of the organization, by focusing on the integration of sustainability into both the business and innovation processes. The maturity approach has been developed over the past 10 years and is currently being applied in a large number of globally leading companies.

In addition to providing a way for measuring and enhancing sustainability integration according to a given business unit’s sustainability drivers and goals, the approach supports benchmarking and harmonization of maturity profiles across business units and regional sites. On one hand, benchmarking enables solid knowledge sharing and universal growth, both within the organization and across sectors. On the other hand, harmonization across business units and product categories results in entire portfolios with consistent sustainability performances. Furthermore, regular and periodic measurements of sustainability maturity establish a clear picture of evolution over time, which can be readily communicated at all levels across the organization. New initiatives can be identified and prioritized, and the resources allocated to sustainability enhancement in the company can be optimized and coordinated across the organization.

6. Final remarks

This article introduced a maturity-based approach to supporting the Circular Economy transition within the manufacturing space. The approach was based on the full-fetched version of the Ecodesign Maturity Model (EcoM2) – a management framework that supports companies to achieve consistent implementation of environmental issues, social innovation and new business development. While the transition to Circular Economy remains a multi-faceted and complex endeavor, the maturity-based approach offers a systematic way to addressing the question. As it cuts through the complexity of selecting and prioritizing actions to be taken, the approach offers companies a research-backed body of knowledge, which secures a flat journey towards unlocking the wealth of benefits of Circular Economy models.
A similar maturity-approach based on diagnosis, vision and roadmap development based on a gap analysis can be employed to any other strategic drivers linked to sustainable innovation at companies (e.g. compliance, Sustainable Development Goals, sustainability strategy, etc.).

References

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Tecnologie costruttive, limiti ecologici e sostenibilità sistemica. L’analisi emergetica per valutare un progetto edilizio tra Sahara e Sahel.

Di Silvio Cristiano e Francesco Gonella
Di fronte ai limiti imposti dal nostro pianeta, ci si interroga su come la progettazione possa contribuire a una sostenibilità sistemica al di là di mode e consuetudini. Il difficile contesto africano del Sahara e Sahel è stato visto come un’opportunità per riflettere proprio sul concetto di limite ed imparare a conviverci, in un prossimo futuro, anche in Occidente. Alcune soluzioni di ibridazione tecnologica impiegate in una struttura socio-sanitaria dell’associazione umanitaria Emergency in Sudan sono qui valutate attraverso l’analisi emergetica, cioè un particolare tipo di analisi sistemica in grado di rendicontare sforzi diretti e indiretti compiuti dalla società e dalla natura per realizzare un prodotto o un servizio. Studiando il sistema in esame, la costruzione delle strutture risulta la voce più costosa in termini di energia e materiali. Dal punto di vista emergetico, i pannelli solari termici e il tunnel del vento si rivelano tecnologie con un grande ritorno sull’investimento.

Il concetto di limite per una sostenibilità sistemica nella progettazione

La progettazione e il design non possono non interrogarsi su scenari futuri, concedendo la possibilità di trovarsi di fronte a una minore disponibilità di risorse, come d’altronde già previsto e illustrato negli anni Settanta (Commoner, 1971; Meadows, Meadows, Randers, & Behrens III, 1972). Nonostante tali avvertimenti, tuttavia, oggi il concetto di limite viene spesso circoscritto ad alcune emissioni climalteranti, e si susseguono summit per stabilire obiettivi quantitativi poi per lo più non rispettati (come nel caso del Protocollo di Kyoto del 1995) oppure obiettivi non vincolanti e – se non palliativi per non cambiar nulla come sostiene Spash (2016) – quantomeno ancora privi di una strategia fattuale (come gli Accordi di Parigi del 2015). Accuse ricorrenti sostengono che le problematiche ambientali siano spesso sfruttate a fini di lucro, assorbite dall’unico obiettivo della crescita economica, e di fatto ignorate; è questo il caso della “green economy” (criticata ad esempio da Ortega, 2013) o, più in generale, dello “sviluppo sostenibile”, oggi imperante ma più volte denunciato come un dannoso ossimoro (Bonaiuti, 2011; Latouche, 2004; Springett, 2013). Nonostante l’opulenza che ancora sembra garantita all’Occidente, in un prossimo futuro potremmo trovarci in condizioni di scarsità oggi a noi estranee (o di emergenze ambientali ancora più evidenti). Di fronte all’ambiguità dei modi (e delle mode) che si propongono di affrontare tali problematiche, Brown & Ulgiati (2011) osservano che troppo spesso si vuol solo continuare a fare affari e che la vera questione è “se vogliamo far parte della soluzione o continuare a rappresentare il problema”.

Ciascun prodotto della progettazione e del design si proietta in un arco temporale in cui possono variare le condizioni ambientali e socio-economiche e, soprattutto, ci si può avvicinare agli effetti più tangibili del limite imposto dalla geo-biosfera (allo stesso tempo fornitrice di risorse e serbatoio per gli scarti delle nostre economie). Un edificio costruito oggi, ad esempio, deve tenere in considerazione una possibile alterazione nella disponibilità di risorse, soprattutto le non rinnovabili, oltre che la probabile variazione del clima. Si sono posti questo tipo di domande i progettisti dello studio di architettura TAMassociati e l’associazione umanitaria Emergency Onlus Ong prima di costruire degli ospedali nelle regioni del Sahara e del Sahel, trovandone degli spunti che possono tornarci utili per progettare in maniera realmente sostenibile anche nella nostra agiata parte di mondo: secondo Pantaleo e Strada (2011), infatti,

«L’Africa costituisce un’opportunità, perché, attraverso le sue mille contraddizioni e arretratezze, mantiene ancora un forte legame con la realtà e la memoria del passato; è un luogo in cui il consumismo rappresenta un miraggio promesso e mai raggiunto. Paradossalmente può essere un laboratorio per tutto il pianeta perché sa ancora convivere, in modo creativo e spesso leggero […] con quelle condizioni in cui l’occidente potrebbe doversi confrontare nel prossimo futuro».

Costruire in un simile contesto può quindi servire a meditare su un’alternativa al modello di sviluppo dominante, per ripartire da zero, da un livello in cui tutto è da reinventare (Pantaleo & Strada, 2011). In questo articolo si valuta uno dei loro progetti – ossia il Centro Cardiochirurgico Salam di Khartoum – attraverso l’analisi emergetica; un modo, cioè, di prendere in considerazione le variabili che concorrono alla sostenibilità di un progetto con un approccio sistemico che include input ambientali e ricadute ecologiche spesso trascurate.

Introduzione all’analisi eMergetica

Il termine “emergia” è il corrispondente italiano dell’anglosassone “emergy”, a sua volta derivato dalla locuzione “EMbodied enERGY” (energia incorporata). Da un punto di vista concettuale, l’analisi emergetica sposta l’attenzione dal “valore” (qualitativo e/o quantitativo) attribuito a un prodotto o un servizio dall’utente (receiver-side quality) a quello attribuito rendicontando tutto ciò che a monte è stato necessario “investire” per creare il prodotto o servizio in questione (donor-side quality). L’emergia è quindi innanzitutto la grandezza che quantifica la memoria di quanto è stato investito, in termini di energia coinvolta direttamente o indirettamente, per realizzare qualcosa. L’idea alla base dell’analisi è quella di trovare il modo di rendicontare quantitativamente in una stessa unità di misura comune tutte le quantità e i flussi che hanno reso o rendono possibile l’esistenza di qualcosa, sia esso un bene, un comparto produttivo, un ecosistema, una comunità o un servizio. Di fatto, i flussi che concorrono alla creazione e mantenimento di un ordine sistemico sono flussi di materia, energia e informazione, a cui vanno aggiunte, nel caso di sistemi socio-economici, le transazioni di denaro, il quale costituisce perciò un’ulteriore grandezza da includere nell’analisi. L’emergia è definita come “[l’]energia disponibile di un tipo usata direttamente o indirettamente nelle trasformazioni che hanno generato un prodotto o un servizio” (Odum, 1996), in particolare, l’energia solare connessa a tutti i contributi energetici da cui è derivata la produzione di una certa risorsa. L’unità di emergia è detta solar emjoules (abbreviato sej). All’interno del valore emergetico di una risorsa andranno valutati e inclusi i contributi forniti dall’ambiente insieme ai servizi umani risultanti dalle attività antropiche connesse al lavoro necessario alla creazione della risorsa. La metodologia generale per l’analisi emergetica di un sistema è tipicamente organizzata secondo tre passaggi fondamentali:

1. preparazione di un diagramma dell’oggetto di studio, contenente tutti gli stocks e i flussi che ne regolano il funzionamento;
2. preparazione di una tabella con l’inventario dei flussi e determinazione dei corrispondenti valori emergetici;
3. calcolo degli indicatori sistemici di cui allo scopo dell’analisi.

Il punto 2. in particolare viene costruito attraverso la conversione delle unità proprie delle quantità in gioco in unità emergetiche, attraverso l’utilizzo di coefficienti appropriati detti di volta in volta Trasformità (input emergetico per unità di energia disponibile in output, in sej/J), Emergia specifica (emergia per unità di massa di output, in sej/kg), Emergia per unità di denaro (emergia impiegata nella generazione di un’unità di prodotto economico, espressa in sej/€, sej/$, sej/¥, ecc.), Costo emergetico del lavoro (emergia che supporta un’unità di lavoro direttamente fornita a un processo, in seJ/€ o in seJ/h). Il lavoro indiretto richiesto al di fuori della finestra di analisi per fornire gli input a un processo viene di solito misurato in termini di costi del servizio, perciò in seJ/€.

Il punto 3. rappresenta invece il passo finale dell’analisi, cioè l’interpretazione dei risultati quantitativi. Che si tratti di un sistema produttivo, un ecosistema o altro, l’analisi emergetica e il calcolo di opportuni indicatori possono fornire una valutazione dello sviluppo tecnologico, dell’utilizzo delle risorse, della sostenibilità nel lungo periodo e in generale della funzionalità sistemica. Tra gli indicatori emergetici tipici, particolarmente rilevanti risultano essere il Rendimento emergetico, che valuta la capacità di sfruttare le risorse fornite “gratuitamente” dall’ambiente a parità di input dal sistema economico, il Rapporto di carico ambientale, legato al livello tecnologico nell’uso delle risorse e alla presenza di un elevato stress ecosistemico, l’Indice di sostenibilità emergetica, che rappresenta una misura integrata della resa economica e della compatibilità ambientale, il Rapporto di investimento emergetico, che costituisce una valutazione se un certo processo è un buon utilizzatore dell’emergia investita rispetto ad altre alternative, l’Intensità di potenza emergetica areale, che misura la quantità di emergia investita per unità di territorio, e l’Emergia pro capite, rivelatasi un buon metodo di misura dello standard di vita, che si ottiene dividendo l’uso annuale totale di emergia di un sistema territoriale (città, Regione, Stato, ecc.) per la sua popolazione. L’analisi emergetica (EMA), nei metodi come nell’utilizzo inventariale dei dati, risulta parzialmente sovrapposta ad altre metodologie di indagine socio-economica e ambientale. In particolare, presenta diversi punti di contatto il Life Cycle Assessment (LCA) (Ulgiati et al., 2011), che fornisce una valutazione di impatto ambientale attraverso l’identificazione di tutta l’energia e i materiali utilizzati per sostenere un processo o un’attività, a partire dall’estrazione delle materie prime, il loro trasporto, la distribuzione, ecc. fino allo smaltimento finale del prodotto considerato, oltre che tenendo conto delle emissioni ed i rifiuti prodotti lungo tutta la vita del processo considerato. La letteratura ha di recente ampiamente esplorato l’utilizzo combinato dei due metodi di analisi, evidenziandone le peculiarità e le complementarità intrinseche (Buonocore, Franzese, & Ulgiati, 2012; Arbault, Rugani, Tirut-Barna, & Benetto, 2014). In Figura 1 è schematizzato l’ambito di applicazione delle due metodiche sopraccitate paragonato a quello proprio dell’analisi emergetica, con i relativi flussi e elementi del sistema. In particolare, l’analisi emergetica include come detto i servizi ambientali e il ciclo di denaro connesso al funzionamento del sistema, nonché le perdite di energia, laddove l’LCA isola i contributi diretti al processo produttivo e al suo impatto.

Cristiano_Figura 1
Diagrammi comparati di analisi mediante EMA, LCA ed EXA.

 

Il caso studio del Centro Salam di Khartoum, Sudan

Lo studio di una struttura socio-sanitaria dell’Ong Emergency è orientato a valutare i possibili interventi virtuosi in termini di sostenibilità al fine di una loro riproducibilità in altri contesti. Il caso studio prescelto è un ospedale specialistico in un contesto problematico, ma non in uno scenario di guerra come invece altre strutture della stessa Ong: il Centro Cardiochirurgico Salam di Khartoum, in Sudan. Tale centro, realizzato tra il 2006 e il 2007, è stato progettato con alti standard architettonici volti a ridurre i consumi di risorse non rinnovabili, sfruttando invece le risorse rinnovabili più presenti sul posto: l’energia solare ed il vento, entrambi destinati ad alimentare i sistemi di condizionamento dell’aria. Oltre alla progettazione – curata dallo studio TAMassociati – anche la gestione della struttura è ispirata a una politica di risparmio di risorse, in linea con le scelte di Emergency nell’impiegare responsabilmente i preziosi fondi raccolti con donazioni spontanee a scopo umanitario.

I diagrammi emergetici forniscono una rappresentazione dei legami sistemici all’interno della struttura studiata, evidenziandone i flussi di materia, energia e informazione. Tutto ciò costituisce una fondamentale base qualitativa per condurre la successiva fase quantitativa di elaborazione dei dati e di calcolo dei flussi emergetici. In Figura 2 è rappresentato il diagramma relativo al nostro caso studio. Il riquadro rettangolare con contorni smussati rappresenta il confine sistemico e costituisce la prima scelta dell’analista emergetico. Al suo interno avvengono i processi ritenuti fondamentali, mentre dall’esterno entrano input di energia, materie prime, prodotti semilavorati o finiti, servizi e lavoro; le fonti di materia, energia e informazione sono simboleggiate da cerchi. Le frecce a linea continua indicano flussi di energia, materia o informazione, mentre le frecce a linea tratteggiata rappresentano degli indicatori di flusso di denaro; va notato come il denaro fluisce in senso opposto alle risorse e va a pagare i servizi per la realizzazione o la semplice fornitura di queste ultime (infatti non si paga ad esempio la natura per il petrolio fornito, bensì chi il petrolio lo estrae e raffina). Gli esagoni rappresentano i consumatori di energia, materia e/o informazioni; le frecce grandi campite di bianco le interazioni, indicative di processi di produzione o trasformazione; i semicerchi sovrastati da due linee spezzate indicano invece i cosiddetti serbatoi, ossia quantità misurabili “immagazzinate” in un sistema. La struttura di Emergency presenta alcune peculiarità, evidenziate con frecce colorate. Ai fini di questo articolo, ci soffermeremo sulle frecce verdi; tali frecce valorizzano le risorse naturali rinnovabili impiegate al fine di ridurre la domanda di risorse non rinnovabili: i servizi ambientali dati dalle aree verdi; i pannelli solari termici (PST) per lo sfruttamento dell’abbondante energia solare; infine, i cosiddetti tunnel del vento (o badgir), antica tecnica originaria della Persia per convogliare i venti prevalenti nei sotterranei, abbassandone così la temperatura dell’aria senza bisogno di carburante né grosse tecnologie.

Cristiano_Figura 2
Diagramma emergetico specifico per la struttura socio-sanitaria di Emergency in Sudan.

Prime valutazioni e possibili sviluppi

I calcoli effettuati per tracciare il “costo” emergetico degli input necessari a realizzare e far funzionare la struttura oggetto di studio sono stati rapportati all’arco temporale di un anno a seguito di un ammortamento basato sul tempo di vita utile di ciascun elemento che hanno concorso a realizzare. E’ stato così possibile confrontare le varie categorie. La categoria che richiede un contributo emergetico maggiore è rappresentata dagli edifici (costruzione e isolamento termico, 7.20 E+17 sej/anno); altre categorie significative sono il consumo di elettricità e combustibili e il consumo di merci (cibo, farmaci, detergenti, etc.). Sulla base di tali calcoli, sono possibili alcuni commenti sugli investimenti tecnologici nonché sui risparmi da questi indotti. Ad esempio, l’emergia investita per realizzare il tunnel del vento secondo la tecnologia tradizionale dei badgir persiani (pari a circa l’1% annuo delle risorse necessarie alla costruzione dell’intero edificio) consente un condizionamento naturale dell’aria per circa 9°C corrispondente a un risparmio di elettricità pari a 1.89 E+17 sej/anno: un investimento, cioè, che garantisce un ritorno di oltre 50:1. Analogamente, l’impiego di pannelli solari termici assicura un ulteriore abbattimento di 7/8°C delle temperature dell’aria interna alla struttura sfruttando l’energia rinnovabile del sole, consentendo di risparmiare il gasolio che sarebbe stato bruciato per alimentare dei generatori di elettricità, con un ritorno sull’investimento di oltre 1000:1. Dal momento che la costruzione degli edifici rappresenta una delle maggiori voci di costo in termine di sforzi socio-ambientali, l’ibridazione tra le conoscenze tecnologiche dei progettisti e le tecniche tradizionali sudanesi sembra garantire una certa indipendenza dalle risorse non rinnovabili, e con esse dall’incertezza nella loro disponibilità a medio-lungo termine e dai costi finanziari ad esse associati. Questo conferisce alti livelli di sostenibilità alle strutture. Allo stesso modo, l’analisi emergetica potrà servire a valutare altre soluzioni tecnologiche (le pareti in mattoni in terra locale o le schermature in fibra vegetale) nonché gli altri settori critici dell’ospedale in esame (elettricità, combustibili, merci) e possibilmente a supportare scelte in grado di migliorarne strategicamente le prestazioni in termini di sostenibilità ecologica oltre che finanziaria. Il prossimo passo dello studio sarà quello di determinare quantitativamente i valori di specifici indicatori emergetici di performance della struttura, sia a livello di sostenibilità a medio e lungo termine, declinata secondo i tradizionali aspetti ambientali, economici e sociali, sia al fine di individuare criticità e punti di leveraggio sistemico per la resilienza della struttura stessa.

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